Come sviluppare le Digital Literacies? Partendo dai nostri interessi...
Ormai concetti come digital literacy o competenze digitali sono diventati da un lato l'ultimo hype da cavalcare, dall'altro lo spauracchio degli insegnanti, convinti i propri studenti sedicenti "nativi digitali" stiano dando loro sempre più distacco nell'uso delle tecnologie.
Da sempre io invece sono convinto che la stragrande maggioranza dei ragazzi non siano affatto competenti digitalmente. Usano il web come noi quarantenni usavamo la TV da adolescenti: la subicono quasi passivamente. Pochissimi sono i giovani in grado di creare contenuti digitali originali, e si limitano a condividere e ricondividere idee, immagini, citazioni, materiale multimediale che trovano in giro, essenzialmente sulle bacheche dei propri amici nel confortevole e narcotizzante recinto di Facebook, che è diventato il nuovo media nel quale pochi creano contenuti e la grande massa lo consuma bovinamente.
Grazie a Edudemic mi sono imbattutto in un interessantissimo talk di Doug Belshaw, un esperto di tecnologie e comunicazione che tra le altre cose lavora per la Mozilla Foundation. Doug mette a fuoco l'autentico paradigma che dovrebbe identificare cosa è, anzi, cosa sono le digital literacies. Eh già, perché non esiste una sola competenza digitale, ma ce ne sono infinite, come pure non è possibile affermare che vi siano persone totalmente incompetenti o competenti dal punto di vista tecnologico.
Uno dei passaggi che più mi ha colpito del talk di Doug è quando afferma che "il modo migliore per sviluppare le digital literacies è concentrarsi sull'interesse delle singole persone, come intrinseca motivazione. Se consideriamo un cerchio che racchiude gli interessi personali e un altro che incorpora le cosiddette "questioni importanti", è nell'area di sovrapposizione tra i due che andrebbero sviluppate le digital literacies". Insomma, tutto deve partire dalle proprie reali esigenze -qualunque esse siano- e le competenze digitali devono diventare "abilitanti" per poterle soddisfare.
Belshaw fa molti esempi -vi consiglio di guardare per intero il suo talk qui sotto- di come questo paradigma sia davvero il fulcro della questione, e di come qualunque persona utilizzi le tecnologie digitali debba avere l'opportunità di sviluppare le proprie competenze in maniera personale, arrivando al grado di approfondimento che più è idoneo. L'esatto opposto della certificazione ECDL, un banale pezzo di carta che dovrebbe assicurare le competenze digitali negli svariati settori delle ICT, ma che non riuscirà mai a dimostrare la creatività delle persone.
Concludo richiamando il processo che porta all'acquisizione delle digital literacies, che sempre secondo Belshaw se motivate dai propri interessi derivano da un mix di 8 elementi chiave che vi riporto qui sotto.
Da sempre io invece sono convinto che la stragrande maggioranza dei ragazzi non siano affatto competenti digitalmente. Usano il web come noi quarantenni usavamo la TV da adolescenti: la subicono quasi passivamente. Pochissimi sono i giovani in grado di creare contenuti digitali originali, e si limitano a condividere e ricondividere idee, immagini, citazioni, materiale multimediale che trovano in giro, essenzialmente sulle bacheche dei propri amici nel confortevole e narcotizzante recinto di Facebook, che è diventato il nuovo media nel quale pochi creano contenuti e la grande massa lo consuma bovinamente.
Grazie a Edudemic mi sono imbattutto in un interessantissimo talk di Doug Belshaw, un esperto di tecnologie e comunicazione che tra le altre cose lavora per la Mozilla Foundation. Doug mette a fuoco l'autentico paradigma che dovrebbe identificare cosa è, anzi, cosa sono le digital literacies. Eh già, perché non esiste una sola competenza digitale, ma ce ne sono infinite, come pure non è possibile affermare che vi siano persone totalmente incompetenti o competenti dal punto di vista tecnologico.
Uno dei passaggi che più mi ha colpito del talk di Doug è quando afferma che "il modo migliore per sviluppare le digital literacies è concentrarsi sull'interesse delle singole persone, come intrinseca motivazione. Se consideriamo un cerchio che racchiude gli interessi personali e un altro che incorpora le cosiddette "questioni importanti", è nell'area di sovrapposizione tra i due che andrebbero sviluppate le digital literacies". Insomma, tutto deve partire dalle proprie reali esigenze -qualunque esse siano- e le competenze digitali devono diventare "abilitanti" per poterle soddisfare.
Belshaw fa molti esempi -vi consiglio di guardare per intero il suo talk qui sotto- di come questo paradigma sia davvero il fulcro della questione, e di come qualunque persona utilizzi le tecnologie digitali debba avere l'opportunità di sviluppare le proprie competenze in maniera personale, arrivando al grado di approfondimento che più è idoneo. L'esatto opposto della certificazione ECDL, un banale pezzo di carta che dovrebbe assicurare le competenze digitali negli svariati settori delle ICT, ma che non riuscirà mai a dimostrare la creatività delle persone.
Concludo richiamando il processo che porta all'acquisizione delle digital literacies, che sempre secondo Belshaw se motivate dai propri interessi derivano da un mix di 8 elementi chiave che vi riporto qui sotto.
- Culturale – Fondamentale il contesto nel quale la competenza è collocata
- Cognitivo – Come pensiamo quando stiamo utilizzando uno specifico dispositivo o mezzo tecnologico?
- Costruttivo – Dobbiamo puntare a usare la tecnologia in modo costruttivo, non passivo.
- Comunicativo – Dovremmo utilizzare la tecnologia per migliorare le nostre comunicazioni.
- Confidente (Sicuro) – E' necessario essere sicuri di sapere come esplorare/usare/padroneggiare/imparare le tecnologie digitali.
- Creativo – Usare la tecnologia in classe richiede creatività, accollandosi anche qualche rischio, non rimaniamo fermi sulle funzioni base quando è possibile sperimentare nuovi usi e idee.
- Critico – C'è bisogno di saper guardare in maniera critica le tecnologie che utilizziamo (e per quali scopi).
- Civico – Dovremmo utilizzare le tecnologie disponibili per il bene comune, non solo per i propri scopi.
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